04 ago 2025
Consumo di acqua nell’industria tessile: sfide e soluzioni
L'impronta idrica della produzione tessile: come ridurre l'impatto e scegliere filati a basso consumo di risorse
Nel cuore del dibattito sulla sostenibilità ambientale, l'acqua rientra tra le risorse più preziose e, purtroppo, più minacciate del nostro pianeta. L'industria tessile, motore economico globale e settore in costante evoluzione, è tristemente nota per il suo consumo intensivo di risorse, con un impatto ambientale di notevole entità. Dalla coltivazione delle fibre naturali che danno vita ai tessuti, fino alle complesse fasi di tintura e finissaggio, ogni passaggio produttivo richiede ingenti quantità d'acqua. Questo scenario solleva questioni urgenti sulle pratiche attuali e spinge alla ricerca di soluzioni innovative per un futuro più responsabile.
L'impronta idrica del settore tessile: numeri e impatti
Il consumo di acqua da parte dell’industria tessile è allarmante, e l'industria della moda ne è un esempio lampante, arrivando a utilizzare l'impressionante cifra di 1.5 trilioni di litri d'acqua ogni anno, un dato evidenziato dal Parlamento Europeo. Gran parte di questo incredibile impatto deriva dalla coltivazione delle fibre naturali, e il cotone è, storicamente e tutt'oggi, tra le colture che richiedono il maggior quantitativo di questa preziosa risorsa.
Questa problematica del consumo di acqua nella produzione tessile non è certo nuova. Già nei primi anni 2000, diversi studi avevano iniziato ad analizzare a fondo la questione. Ad esempio, una ricerca fondamentale sull'impronta idrica del consumo mondiale di prodotti in cotone, che esaminava il periodo 1997-2001, aveva già evidenziato come il consumo globale di prodotti in cotone avesse richiesto ben 256 miliardi di metri cubi (Gm3) di acqua all'anno. Questa enorme quantità era composta per circa il 42% da acqua blu (prelievo diretto di acqua dolce per irrigazione), per il 39% da acqua verde (acqua piovana) e per il 19% da acqua di diluizione (per l'assimilazione dell'inquinamento). Lo stesso studio aveva rivelato che, per la regione dell'UE25, circa l'84% di questa impronta idrica si trovava al di fuori dell'Europa, in paesi come India e Uzbekistan, dove le risorse idriche erano spesso già sotto stress (fonte: Hoekstra & Chapagain, 2006).
Più recentemente, il report "Water footprint in cotton 2020–2024: a global analysis" dell'International Cotton Advisory Committee (ICAC), basato sull'analisi dei dati di 38 paesi, ha fornito stime aggiornate. Anche con le metodologie più recenti, il dato rimane significativo: per produrre 1 chilogrammo di fibra di cotone sono necessari in media 8.920 litri di acqua a livello globale. È vero che gran parte di questi proviene dall'acqua piovana (circa 6.576 litri/kg, il 73,4%), ma l'uso di 2.344 litri/kg (il 26,6%) di acqua da irrigazione (acqua blu) rappresenta comunque un prelievo diretto e non trascurabile da falde e fiumi, risorse sempre più sotto pressione. Questa distinzione, pur importante per un'analisi approfondita, non altera la realtà di un consumo di acqua nella produzione tessile che per il cotone rimane molto elevato. Per dare un'idea più concreta, la produzione di una singola T-shirt di cotone può richiedere circa 2.700 litri di acqua, equivalenti a ciò che una persona beve in 2 anni e mezzo, mentre un paio di jeans può arrivare fino a 10.000 litri.
Questo scenario evidenzia chiaramente l'enorme entità del consumo delle risorse naturali legate alle fibre convenzionali.
Non solo la coltivazione, ma anche i processi industriali contribuiscono a questo consumo delle risorse naturali. La fase di tintura e finissaggio, in particolare, è responsabile di un notevole dispendio idrico e dell'inquinamento delle acque. Circa mezzo trilione di galloni (circa 1.900 miliardi di litri) di acqua dolce vengono utilizzati annualmente solo per il processo di tintura tessile, e si stima che l'industria della moda sia responsabile di circa il 20% dell'inquinamento idrico industriale globale. L'utilizzo di grandi quantità di acqua e sostanze chimiche spesso comporta lo scarico di reflui industriali non adeguatamente trattati, che contaminano fiumi e falde acquifere, con gravi conseguenze per gli ecosistemi e le comunità locali.
La necessità di alternative: ridurre il consumo di acqua nella produzione tessile
Di fronte a un tale scenario, il settore tessile è chiamato a una profonda trasformazione. La riduzione del consumo di acqua nella produzione tessile non è più un'opzione, ma una necessità impellente per garantire la sostenibilità ambientale e la resilienza del settore. Questo significa ripensare l'intera filiera, privilegiando pratiche più efficienti e innovative, e investendo in filati alternativi a basso impatto idrico.
Le soluzioni passano attraverso diverse direzioni:
- Innovazione nei processi: tecnologie di tintura a basso consumo idrico o a secco, sistemi di riciclo e riutilizzo dell'acqua all'interno degli stabilimenti e miglioramento dell'efficienza dei macchinari.
- Fibre a basso impatto idrico: promozione e sviluppo di fibre che richiedono meno acqua per la loro produzione, con il supporto di certificazioni tessili che ne attestino la sostenibilità.
- Economia circolare: modelli che favoriscono il riciclo dei tessuti a fine vita, riducendo la necessità di produrre nuove fibre vergini e quindi il consumo delle risorse.
Filati innovativi: le soluzioni di Fulgar per un consumo d'acqua responsabile
Fulgar è in prima linea nella ricerca e sviluppo di filati per l'industria tessile che rappresentano una concreta soluzione al problema del consumo di acqua nell’industria tessile. L'azienda si impegna a offrire alternative che combinano performance eccellenti con un impatto ambientale drasticamente ridotto.
Tra le soluzioni innovative di Fulgar, spiccano:
- Filati da riciclo: Fulgar produce filati derivati da materie prime riciclate. Un esempio chiave è il filato Q-CYCLE®, un poliammide ottenuto tramite un innovativo processo di riciclo chimico da scarti di pneumatici fuori uso. Questo metodo all'avanguardia permette di recuperare materiale che altrimenti verrebbe disperso, trasformandolo in una risorsa preziosa. L'utilizzo di materie prime riciclate riduce notevolmente il fabbisogno di risorse vergini, inclusa l'acqua. Per esempio, la produzione di nylon riciclato può abbattere il consumo di risorse idriche fino al 90% rispetto al nylon tradizionale, secondo studi e analisi LCA (Life Cycle Assessment).
- Filati Bio-based: filati come EVO® by Fulgar, 100% bio-based e derivato da olio di ricino e mais industriale, sono un esempio di innovazione che riduce l'impronta idrica. Entrambe le risorse sono 100% rinnovabili e non richiedono elevate quantità di acqua né sottraggono terreni coltivabili per usi alimentari. Questo si traduce in un consumo di acqua nella produzione tessile estremamente ridotto rispetto a molte fibre naturali e sintetiche tradizionali.
- Processi produttivi efficienti: l'impegno di Fulgar si estende anche all'ottimizzazione dei propri processi industriali. L'azienda investe in tecnologie all'avanguardia per minimizzare il consumo di acqua all'interno dei propri stabilimenti e per garantire il corretto trattamento delle acque reflue, contribuendo a un consumo delle risorse naturali più consapevole.
Verso un futuro Idro-sostenibile nel tessile
Il consumo di acqua nel settore tessile è una sfida complessa che richiede l'impegno congiunto di tutta la filiera. Scegliere filati innovativi e processi produttivi responsabili è il primo passo verso un futuro in cui l'industria tessile possa prosperare senza compromettere le risorse idriche del nostro pianeta. Fulgar è orgogliosa di essere parte di questa trasformazione, offrendo soluzioni che permettono a brand e produttori di creare prodotti di qualità superiore con un impatto ambientale minore, contribuendo a un uso più saggio del consumo delle risorse naturali.
Vuoi scoprire come Fulgar può aiutarti a integrare filati a basso impatto idrico nei tuoi progetti? Contattaci per una consulenza personalizzata.
